L'elettrodinamica studia i fenomeni relativi al movimento delle cariche elettriche.
Corrente elettrica continua
La corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche elettriche attraverso un mezzo o un circuito.
Le cariche possono spostarsi nei solidi, nei liquidi e nei gas.
I portatori di carica nei solidi sono gli elettroni, nei liquidi sono gli ioni e nei gas possono essere gli ioni o gli elettroni.
Il passaggio della corrente elettrica lungo un conduttore metallico è dato da un flusso di elettroni che si spostano dal polo negativo di un generatore verso il polo positivo.
Se tra due punti A e B è mantenuta una differenza di potenziale costante mediante un generatore e si collegano i punti tra loro con un conduttore, attraverso questo si ha un flusso di cariche elettriche, gli elettroni di conduzione, cioè una corrente elettrica continua (o stazionaria).
Se non c'è una differenza di potenziale, non può esserci corrente elettrica.
Il verso della corrente è, per convenzione, positivo quello che va da un punto a potenziale maggiore a uno di potenziale minore, che corrisponde a quello in cui si muovono delle inesistenti cariche positive. In realtà sappiamo che sono gli elettroni a spostarsi e, di conseguenza, il verso convenzionale della corrente è opposto a quello in cui si muovono gli elettroni.
Questo bisticcio risale a Benjamin Franklin, che ha stabilito di considerare negativi gli elettroni o, più precisamente: l'eccesso di fluido elettrico in un corpo dà luogo a una carica positiva.
Intensità di corrente
Si definisce intensità di corrente I la quantità di carica Q che attraversa una qualsiasi sezione di un conduttore nell'unità di tempo t.
Nota. Nelle formule, per semplicità,indicheremo con
t
l'intervallo di tempo ma, più correttamente, dovrebbe essere scritto
Δt
.
Nel SI l'intensità di corrente è misurata con una grandezza fondamentale, l'ampere (A) - dal fisico francese André-Marie Ampère (1775 - 1836) - che corrisponde al flusso di carica di 1 coulomb in 1 secondo:
Lo strumento per misurare l'intensità di corrente si chiama amperometro.
Corrente elettrica alternata
Abbiamo visto come la corrente elettrica sia un flusso continuo di elettroni tra due poli a diverso potenziale: si tratta di corrente elettrica continua.
Nella corrente alternata il flusso degli elettroni si propaga prima in un verso e immediatamente dopo nell'altro. Questa oscillazione avviene a una frequenza di 50 cicli al secondo (50 hertz).
Gli effetti della corrente alternata sono gli stessi della corrente continua, tuttavia la prima comporta grossi vantaggi economici perché è trasportabile con minore dispersione.
Le centrali elettriche producono corrente alternata a bassa tensione. Un trasformatore, apparecchio che trasforma la tensione, alza la tensione fino a parecchie migliaia di volt, così da poter essere trasportato facilmente. La corrente ad alta tensione percorre lunghe distanze e arriva a un altro trasformatore, che abbassa nuovamente la tensione a 220 V. La corrente viene poi immessa nelle linee elettriche che entrano negli edifici dove vengono utilizzate. Un contatore misura l'energia consumata.
Generatori elettrici
Perché la corrente possa continuare a fluire, è necessaria una differenza di potenziale che si mantenga inalterata nel tempo. Questo è lo scopo dei generatori elettrici, come la pila (che abbiamo trattato nella sezione di chimica), la dinamo, ecc. Il lavoro per spostare le cariche elettriche all'interno del circuito è compiuto a spese dell'energia interna del generatore.
Questi generatori di tensione continua, tramite meccanismi di natura chimica o fisica, sono in grado di mantenere costante nel tempo la differenza di potenziale, dando luogo a un flusso continuo di elettroni (corrente elettrica continua).
Circuiti elettrici
Un circuito elettrico è un percorso chiuso dove scorre la corrente in modo continuo, costituito da un insieme di dispositivi elettrici collegati da fili e montati in modo tale che in essi possa passare la corrente elettrica.
Simboli usati nei circuiti elettrici
Un circuito a corrente continua è costituito da un generatore di corrente, da un filo conduttore, da un utilizzatore e da un interruttore.
L'interruttore è un dispositivo che ha funzione di permettere (chiudendo) o di non permettere (aprendo) il passaggio della corrente.
Quando il circuito è chiuso, la corrente passa e di conseguenza l'utilizzatore entra in funzione.
Quando il circuito è aperto, la corrente non passa e non si avrà nessun effetto sull'utilizzatore.
Un dispositivo che può aprire un circuito e interrompere il flusso di corrente è il fusibile, costituito da un cilindro di vetro o materiale isolante, con un filo all'interno.
Quando attraverso un conduttore circola troppa corrente, il filo del fusibile si brucia e interrompe il flusso di corrente.
Collegamento in serie
Quando due utilizzatori (lampadine) sono collegati in serie, la luce di ciascuna è inferiore a quella di un circuito con una sola lampadina. Questo significa che la corrente che passa nel circuito è diminuita perché è aumentata la resistenza del circuito.
Con il collegamento in serie di più utilizzatori, la resistenza complessiva è maggiore della resistenza di un singolo utilizzatore (si veda il paragrafo successivo).
Collegamento in parallelo
Quando due lampadine sono collegate in parallelo, la luce emessa dalle due lampadine è maggiore di quando è collegata una sola lampadina. Questo significa che la corrente nel circuito è aumentata perché è diminuita la resistenza complessiva.
Con il collegamento in parallelo di più utilizzatori, la resistenza complessiva è minore della resistenza di un singolo utilizzatore (si veda il paragrafo successivo).
Leggi di Ohm e Resistenza
Prima legge di Ohm
Nel 1827 il fisico tedesco Georg Simon Alfred Ohm (1789 - 1854) trovò la relazione che lega tra loro tre grandezze: intensità di corrente, tensione e resistenza.
La prima legge di Ohm afferma che esiste una proporzionalità diretta tra la differenza di potenziale ΔV (tensione) applicata agli estremi di un circuito e l'intensità di corrente I che lo attraversa, se la temperatura è mantenuta costante.
R rappresenta la costante di proporzionalità che lega tra loro la differenza di potenziale e la corrente e misura la resistenza elettrica che la corrente incontra nel passaggio tra due punti.
Si chiama resistenza elettrica l'opposizione che un materiale offre a lasciarsi attraversare dall'energia elettrica ed è il rapporto tra la differenza di potenziale, di valore costante, applicata ai capi di un conduttore e l'intensità della corrente che la percorre, ipotizzando che nel conduttore non abbiano origine forze elettromotrici.
Quando un conduttore ha bassa resistenza, lascia passare grandi intensità di corrente, viceversa se ha grande resistenza passano piccole intensità di corrente.
La prima legge di Ohm può essere espressa in questi termini: in un circuito elettrico con una resistenza costante, aumentando la tensione aumenta anche l'intensità di corrente e viceversa; mantenendo costante la tensione, se si aumenta la resistenza, diminuisce l'intensità di corrente e viceversa.
I conduttori per i quali è applicabile la legge di Ohm - generalmente quelli metallici - sono chiamati conduttori ohmici.
Possiamo verificare la legge seguendo lo schema sottostante.
Due punti A e B sono collegati tra loro tramite un conduttore. La differenza di potenziale tra i due punti è mantenuta dal generatore G e misurata mediante il voltmetro V. L'intensità di corrente è misurata con l'amperometro A.
Nota. L'amperometro si inserisce in serie nel circuito in modo che lo attraversi tutta la corrente da misurare, mentre il voltmetro si inserisce in parallelo affinché misuri la tensione applicata e in modo che abbia intensità trascurabile rispetto a quella della corrente che attraversa il circuito.
Aumentando la d.d.p., aumenta l'intensità della corrente e, viceversa, se diminuisce, diminuisce anche l'intensità della corrente.
Nel SI la resistenza si misura in ohm (Ω), che corrisponde alla resistenza che un conduttore offre a una corrente di 1 ampere quando alle estremità è applicata una d.d.p. di 1 volt e non è sede di alcuna forza elettromotrice:
Seconda legge di Ohm
Se ripetiamo l'esperienza precedente variando alcuni parametri: lunghezza del conduttore, sezione (uniforme) del conduttore, materiale del conduttore, temperatura, ha sempre validità la prima legge di Ohm, cioè esiste sempre una proporzionalità diretta tra I e V, ma cambia il valore di R.
La seconda legge di Ohm afferma che la resistenza elettrica R
- aumenta all'aumentare della lunghezza l del conduttore,
- diminuisce all'aumentare della sezione S del conduttore,
- dipende dalla natura del materiale ρ,
- dipende dalla sua temperatura.
ρ si chiama resistenza specifica o resistività e dipende dalla natura del materiale e dalla temperatura.
La resistività è la resistenza specifica per unità di lunghezza e di sezione e cioè corrisponde a quella di un conduttore della sostanza considerata, perfettamente omogeneo, mantenuto a temperatura costante.
L'argento ha la minore resistività, seguito dal rame, dall'oro, dall'alluminio.
All'aumentare della temperatura aumenta la resistività e diminuisce al diminuire della temperatura.
La resistività, infatti, dipende dal numero di urti che un elettrone di conduzione subisce mediamente da parte degli ioni del reticolo. All'aumentare della temperatura aumenta la frequenza degli urti, che si muovono sempre più in modo disordinato, perciò diventa più difficile avere un flusso ordinato nella direzione del campo.
Da notare che la relazione tra V e R vale solo se il conduttore metallico è mantenuto a temperatura costante. Infatti, se per esempio è collegato un elettrodomestico che assorbe una grande quantità di energia, il filo si riscalda, aumentando notevolmente la resistenza elettrica.
Quando la temperatura si approssima allo zero assoluto, la resistività tende ad annullarsi, creando il fenomeno della superconduttività, per cui la corrente elettrica continua a circolare per moltissimo tempo, anche quando viene rimosso il generatore.
Per quanto riguarda la misura, la resistività nel SI rappresenta la resistenza al passaggio della corrente da un conduttore lungo 1 m, della sezione di 1 m2 alla temperatura di 0 °C:
Resistori in serie e in parallelo
Si chiamano resistori gli elementi di un circuito aventi una determinata resistenza elettrica. La resistenza è una proprietà, mentre il resistore è un oggetto che possiede tale proprietà, anche se nel linguaggio comune si parla di resistenza anche in riferimento al resistore.
La resistenza totale Rt di un insieme di resistori, comunque collegati, è data dal rapporto tra la differenza di potenziale ΔV applicata agli estremi dell'insieme e l'intensità della corrente totale I che lo attraversa:
I resistori possono essere applicati in serie o in parallelo.
Resistori in serie
Se si collegano i resistori in serie, la stessa corrente passa attraverso tutti gli elementi del circuito, cioè l'intensità di corrente è la stessa; indicando con VA, VB, VC i potenziali esistenti tra le estremità di ciascun resistore della figura sotto, per la legge di Ohm avremo:
VA - VB = R1 I
VB - VC = R2 I
Sommando per ottenere la differenza di potenziale agli estremi A e C si ha:
VA - VC = (VA - VB) + (VB - VC) = I R1 + I R2
Indicando con RS la resistenza complessiva otteniamo:
RS = R1 + R2
I due conduttori in serie sono equivalenti a un solo conduttore con una resistenza uguale alla somma delle singole resistenze.
Resistori in parallelo
Quando più resistori sono collegati in parallelo, ciò che è uguale è la d.d.p. tra le estremità di ciascuno di essi, mentre è diversa l'intensità di corrente che li attraversa; essa, infatti, si distribuisce tra i vari elementi del circuito.
Quando la corrente arriva al punto A della figura sotto, si divide in I1 e I2 in modo che L'intensità complessiva I sia:
I = I1 + I2
Applichiamo la legge di Ohm:
VA - VB = I1 R1
VA - VB = I2 R2
e quindi:
La resistenza complessiva RP è:
Il reciproco della resistenza complessiva di più resistori in parallelo equivale alla somma dei reciproci dei singoli resistori.
La corrente si divide tra I1 e I2 in modo inversamente proporzionale alle rispettive resistenze:
Reostato
Per variare l'intensità di corrente in un circuito si possono inserire o disinserire uno o più resistori, oppure si può usare un reostato.
Si tratta di un'apparecchiatura costituita da uno o più resistori, così da realizzare una resistenza variabile, che viene inserita in un circuito elettrico allo scopo di regolare l'intensità di corrente in esso circolante.
I reostati più semplici e più comuni sono quelli a cursore, costituiti da un filo di materiale ad alta resistività, come il nichelcromo, di calibro costante, detto reoforo, avvolto intorno a un supporto isolante; le spire sono immerse in un materiale isolate, che lascia scoperta una striscia sulla quale può scorrere il cursore. La corrente penetra da un'estremità del reoforo e fuoriesce in corrispondenza del cursore cui è collegato l'altro estremo del circuito; in funzione della posizione assunta dal cursore, si utilizza una frazione più o meno grande del filo a spirale e quindi varia la resistenza.
Energia e potenza elettrica
La corrente elettrica è data dallo spostamento di cariche elettriche q tra due punti A e B di potenziale diverso ΔV. A essa è associato uno scambio di energia E in grado di compiere un lavoro L, come visto nella pagina precedente:
E = LA→B = ΔV · q
Il lavoro è compiuto a spese dell'energia fornita dal generatore che, immettendo cariche elettriche nel circuito, fornisce energia potenziale elettrica. Questa, continuamente ripristinata dal generatore, equivale al lavoro compiuto dalle cariche quando attraversano l'utilizzatore.
L'energia necessaria per far circolare una corrente continua può essere espressa in funzione dell'intensità di corrente.
Poiché I = q/t, sostituendo alla precedente otteniamo:
LA→B = ΔV · I · t
Dividendo per l'intervallo di tempo t, si ottiene il valore dell'energia scambiata nell'unità di tempo, cioè la potenza elettrica:
P = ΔV · I
Se il circuito è costituito da un conduttore ohmico, in base alla legge di Ohm possiamo esprimere le precedenti in funzione di R, ottenendo rispettivamente:
P = R · I2
ovvero
Nel SI il lavoro è espresso in joule e la potenza in watt.
In particolare, per l'energia elettrica si usa il chilowattora (kWh), che corrisponde al lavoro compiuto in un'ora da un motore della potenza di 1 kW (1000 W) ed equivale a 3,6 milioni di joule.
Forza elettromotrice e resistenza interna
Un generatore di tensione continua è caratterizzato da due grandezze: la forza elettromotrice e la resistenza interna.
Si chiama forza elettromotrice f.e.m. di un generatore la causa atta a generare e mantenere la differenza di potenziale ΔV tra i due poli, misurata a circuito aperto, cioè quando non eroga corrente (assenza di carico).
Quando il circuito è chiuso, cioè quando è collegato un conduttore di resistenza R, attraversato da una corrente di intensità I, la tensione ΔV ai suoi terminali assume un valore inferiore rispetto alla f.e.m.
Ogni generatore, infatti, ha una sua resistenza interna r, perciò la resistenza totale nel circuito elettrico è data dalla somma delle due resistenze (R + r).
Se si chiude il circuito, cioè quando un generatore viene collegato in un circuito con una resistenza esterna R, la legge di Ohm si generalizza in:
f.e.m. = I (R + r)
L'intensità di corrente è proporzionale alla forza elettromotrice del generatore. La costante di proporzionalità è data dalla somma della resistenza esterna del conduttore e dalla resistenza interna (R + r).
Se si calcola la differenza di potenziale ai morsetti del generatore quando passa corrente, la d.d.p. questa si ottiene detraendo dalla f.e.m. la caduta di tensione interna, conseguente alla resistenza interna r che il generatore manifesta (anche se modesta rispetto a quella esterna), perciò non coincide con la forza elettromotrice:
ΔV = I · R = f.e.m. - I · r
La caduta di potenziale interno, dovuta al fatto che parte dell'energia è spesa per la resistenza interna, è tanto più elevata quanto maggiore è l'intensità della corrente:
f.e.m. - ΔV = r · I
La misura della forza elettromotrice nel SI è il volt (V).
Effetti della corrente elettrica
La corrente elettrica produce molteplici effetti.
- Effetto termico. Il passaggio di una corrente continua in un conduttore lo riscalda, cioè l'energia elettrica viene trasformata in energia termica. Gli elettroni in movimento urtano gli atomi del conduttore e trasferiscono quindi a essi una parte della loro energia sotto forma di calore: quanto maggiore è la resistenza del conduttore, tanto maggiore è il calore prodotto. Il movimento degli atomi del conduttore è un movimento disordinato e si manifesta come riscaldamento complessivo, detto effetto Joule (vedi sotto). Se la temperatura raggiunge valori molto elevati, si ha l'incandescenza che produce un effetto luminoso.
- Effetto magnetico. Una corrente elettrica, attraversando un circuito, genera nello spazio circostante un campo magnetico. Ne parleremo più diffusamente nella prossima pagina.
- Effetto chimico. È il processo di elettrolisi che abbiamo affrontato nella sezione di chimica.
- Effetto meccanico. L'energia elettrica è trasformata in energia meccanica azionando, per esempio, dei motori.
Effetto Joule
Il fisico inglese James Prescott Joule (1818 - 1889) nel 1845 dimostrò che l'energia termica E, prodotta dal passaggio di una corrente elettrica di un conduttore di resistenza R, è direttamente proporzionale alla resistenza, al quadrato dell'intensità della corrente I e all'intervallo di tempo t:
E = R I2 t
Sapendo, infatti, che q = I · t e L = q · ΔV, allora:
L = I · t · ΔV
Poiché il lavoro è la misura dell'energia elettrica associata alla corrente, applicando la prima legge di Ohm ΔV = I · R, sostituendo otteniamo la formula della definizione.