La materia si presenta in 3 stati di aggregazione che abbiamo visto nella sezione di chimica: solido, liquido e aeriforme.
Nella sezione precedente abbiamo proposto la meccanica dei solidi mentre qui affrontiamo la meccanica dei fluidi.
Un fluido è un corpo che non ha forma propria, ma prende quelle del recipiente, poiché le particelle hanno una coesione trascurabile. Questo consente loro di scorrere facilmente, anche se è sempre presente quella forma di attrito, già vista, chiamata viscosità del fluido. Nella nostra esposizione trascureremo queste resistenze presenti nei fluidi reali, immaginando di avere un fluido perfetto.
I fluidi sono divisi in liquidi e gas.
I liquidi hanno un volume proprio, ma non una forma propria e sono praticamente incomprimibili. Saranno trattati in questo capitolo.
Gli aeriformi (gas e vapori) non hanno né forma, né volume proprio e sono comprimibili. Sono stati proposti nella sezione di chimica.
Nota. Nella sezione useremo le seguenti abbreviazioni dei pedici:
P = peso
A = Archimede
c = corpo
f = fluido
i = immerso
Superficie libera dei liquidi
La superficie libera di un liquido in quiete, quella non in contatto con le pareti del contenitore, sottoposta solo alla forza di gravità, è un piano normale alla verticale del luogo.
Su superfici poco estese possiamo considerarla come un piano orizzontale, mentre per le grandi estensioni marine, la superficie libera segue la curvatura terrestre.
Se incliniamo il recipiente, la forza-peso si scompone in due componenti:
è inefficace perché bilanciata dalla reazione vincolare, supponendo il liquido incomprimibile;
, parallela alla superficie, sposta il liquido fino a raggiunge un nuovo equilibrio. La superficie è nuovamente perpendicolare alla verticale del luogo, anche se il recipiente è inclinato.
Pressione in un liquido
Abbiamo visto in precedenza che la pressione è il rapporto tra l'intensità di una forza F che agisce perpendicolarmente e uniformemente su una superficie e l'area della superficie stessa S:
L'azione di una forza applicata in un punto di un solido è sostenuta dalla sua rigidità ed è trasmessa lungo la sua retta d'azione. Nei fluidi, invece, dove le particelle non sono rigidamente collegate, una forza che agisca perpendicolarmente alla superficie distribuisce la sua azione come forza premente in ogni suo punto ed è trasmessa in ogni direzione, interessando l'intero volume del fluido.
Proprio perché distribuita uniformemente, in un liquido in equilibrio la pressione è costante su tutti i punti di un piano orizzontale.
Dalla formula si evince che:
- a parità di superficie, la pressione è direttamente proporzionale alla forza premente;
- a parità di forza premente, la pressione è inversamente proporzionale all'estensione della superficie.
Principio di Pascal
Il principio di Pascal (Blaise Pascal 1623 - 1662) afferma che la pressione esercitata sulla superficie di un fluido ideale* si trasmette con la stessa intensità in ogni altro punto di tutta la sua massa e si esercita in direzione perpendicolare a qualsiasi superficie immersa in esso (palloncino che si comprime mantenendo la forma sferica nella figura a sinistra) e quindi perpendicolarmente anche alle pareti del recipiente (figura a destra: la pressione fa uscire l'acqua in modo uniforme e perpendicolarmente dai fori della parete).
* Si trascura qui la forza di gravità e la pressione atmosferica.
Il principio di Pascal è applicabile anche nei gas: la pressione esercitata su un gas si trasmette ovunque e in tutte le direzioni con la stessa intensità.
Torchio idraulico
Un'applicazione del principio di Pascal è il torchio idraulico, una macchina che consente il sollevamento di una grande massa applicando una piccola forza.
A sinistra della figura sotto abbiamo un pistone di superficie S1 al quale si applica una forza . Questa esercita una pressione su un liquido incomprimibile presente all'interno del dispositivo. Per il principio di Pascal, la pressione si trasmette inalterata, senza variare la propria densità, all'altro pistone, che ha una superficie S2 maggiore della prima. Ne consegue che, a parità di pressione, la forza ottenuta sarà maggiore di quella applicata e in grado di sollevare l'automobile.
p = F1/S1
F2 = p ∙ S2 = F1/S1 ∙ S2
Se S2 > S1 → F2 > F1
In un fluido quindi si trasmette ogni variazione di pressione ma non la forza che ha prodotto tale variazione. A parità di pressione trasmessa, la forza corrispondente è proporzionale alla superficie su cui agisce.
Nota. All'equilibrio, nei liquidi le intensità delle forze applicate sono direttamente proporzionali alle superfici; nelle leve sono inversamente proporzionali ai rispettivi bracci.
Legge di Stevino
La legge di Stevino (Simon Stevin 1548 - 1620) afferma che la differenza di pressione in un liquido pesante in quiete, definita pressione idrostatica, di densità costante ρ, soggetto all'accelerazione di gravità tra due superfici orizzontali distanti tra loro di un'altezza h è pari alla pressione esercitata dal peso della colonna del liquido sulla superficie inferiore.
Consideriamo una porzione cilindrica di liquido di superficie S e altezza h.
La pressione esercitata sulla superficie inferiore S è data dal rapporto tra la forza-peso FP, che è la forza premente, e la superficie stessa:
Esplicitiamo la forza-peso, tenendo conto che la massa è data dal prodotto della densità ρ per il volume V (la densità è il rapporto m/V)
FP = m g = ρ V g
Il valore della pressione è quindi:
Sapendo che il volume è dato dal prodotto dell'area di base per altezza: V = Sh, sostituiamo alla precedente:
Semplifichiamo e finalmente otteniamo:
La pressione può essere espressa anche in funzione del peso specifico γ:
γ = ρ g
e quindi:
La legge di Stevino può essere allora così espressa: la pressione idrostatica è direttamente proporzionale alla densità del liquido e all'attrazione gravitazionale - cioè al peso specifico - e alla profondità e non dipende dalla superficie di base, né dall'orientamento di questa.
Abbiamo trascurato, o meglio sottinteso, la pressione atmosferica, che andrebbe aggiunta alla formula precedente.
La legge di Stevino non è applicabile ai gas perché essi, essendo comprimibili, hanno una densità che aumenta all'aumentare della profondità.
Paradosso idrostatico
Prendiamo 3 recipienti di forma diversa, aventi l'area di base uguale S e li riempiamo di liquido fino ad avere il medesimo livello h.
Il peso del liquido nei tre recipienti è diverso, ma la pressione misurata sul fondo è la stessa: come si spiega questo paradosso?
Il liquido si deve trovare in equilibrio; su questo agiscono la forza-peso e le reazioni vincolari del fondo e delle pareti. Per il principio di Pascal, la pressione è sempre perpendicolare alle pareti e quindi anche le reazioni vincolari sono ad esse perpendicolari ma di verso opposto.
Nel primo recipiente la reazione vincolare delle pareti è orizzontale e quindi non serve a sostenere il liquido, perciò la pressione è quella sul fondo, data dalla legge di Stevino: p = γ h e il peso è quello gravante sul fondo: FP = γ S h.
Nel secondo recipiente il peso del liquido è maggiore rispetto al primo; la reazione vincolare delle pareti si scompone in due componenti: una orizzontale inefficace e una rivolta verso l'alto. È questa che sostiene parte del peso, perciò sul fondo abbiamo ancora FP = γ S h. Nella figura centrale è la parte in azzurro che viene sostenuta dalle pareti.
Nel terzo recipiente il peso del liquido è inferiore rispetto al primo ma la componente efficace della reazione vincolare è rivolta verso il basso e questa si aggiunge al peso del liquido sul fondo (parte grigia esterna nella terza figura). Ne consegue nuovamente che la forza-peso complessiva è FP = γSh.
L'intensità della forza premente esercitata da un liquido in equilibrio su un fondo piano e orizzontale del recipiente è uguale a quella del peso di una colonna di liquido avente per base la superficie del fondo e per altezza il dislivello tra il fondo e la superficie libera del liquido.
La pressione, quindi, dipende solo dalla profondità e non dalla forma del recipiente e dalla quantità di liquido.
Non si tiene conto della pressione atmosferica poiché si esercita uniformemente su tutte le pareti del recipiente.
La botte di Pascal
Nell'esempio precedente abbiamo scelto tre recipienti aventi la stessa area di base.
Avremmo potuto scegliere anche recipienti con una superficie di base diversa perché - da qui il paradosso - la pressione dipende solo dall'altezza della colonna di liquido, secondo la legge di Stevino.
Una prova sperimentale è fornita dalla Botte di Pascal.
Pascal nel 1646 prese una botte robusta e la riempì di liquido. Sul coperchio innestò un tubo sottile, alto 10 m, a tenuta ermetica. Lo riempì progressivamente di acqua e dopo un po' la botte scoppiò.
L'effetto è così spiegato. Per la legge di Stevino, la pressione idrostatica aumenta in proporzione all'altezza - si somma l'altezza della botte con quella del tubo - e, per il principio di Pascal, questa si distribuisce su tutto il liquido, il quale esercita una pressione sulle pareti interne secondo la relazione:
p = ρ g h
La forza esercitata, data da Pressione per Superficie, aumenta tanto che a un certo punto la botte si rompe.
Si conferma quindi che la pressione dipende solo dall'altezza della colonna d'acqua e non dalla quantità e dalla forma del recipiente.
Principio dei vasi comunicanti
Il principio dei vasi comunicanti afferma che se si hanno due o più recipienti di forma e capacità diverse, comunicanti tra loro, e in uno viene versato un liquido di densità costante ρ, in presenza di gravità questo si trasferisce negli altri finché il livello raggiunge in tutti la medesima altezza.
Questo effetto può essere spiegato con la legge di Stevino.
Supponiamo che i primi due recipienti abbiano livelli di liquido diversi. Questo implica che sul fondo ci siano pressioni differenti: dove il livello è più alto, la pressione è maggiore. Per il principio di Pascal la pressione si trasmette inalterata su tutti i punti del fluido, perciò questo tende a spostarsi nel recipiente dove il livello è più basso finché le pressioni si equilibrano, cioè quando i livelli sono uguali.
Indichiamo con 1 e 2 rispettivamente i primi due recipienti.
Per il principio di Pascal, la pressione sulla superficie di separazione deve essere uguale in entrambi i lati:
p1 = p2
Il valore della pressione si ricava dalla legge di Stevino:
p1 = ρ g h1 e p2 = ρ g h2
ρ g h1 = ρ g h2
h1 = h2
In conclusione, la superficie libera di uno stesso liquido in equilibrio, contenuto in due o più vasi comunicanti, è orizzontale.
Vasi con liquidi diversi
Se in vasi comunicanti si immettono liquidi con densità diverse, ρ1 e ρ2, e immiscibili, come acqua e mercurio, anche i due livelli saranno diversi.
Osserviamo la figura sotto.
Si prenda come livello di riferimento la superficie di separazione più bassa.
La parte sotto il livello di riferimento non si considera poiché è in equilibrio, appartenendo allo stesso fluido.
Le due colonne, rispettivamente di acqua e mercurio, sono in equilibrio quando le pressioni da esse esercitate sono uguali.
Le pressioni alla base sono:
p1 = ρ1 g h1 e p2 = ρ2 g h2
Se p1 = p2 allora:
ρ1 g h1 = ρ2 g h2
Semplificando otteniamo:
Le altezze dei due liquidi nei vasi comunicanti, rispetto alla superficie di separazione, sono inversamente proporzionali alle loro densità, o al loro peso specifico.
Capillarità
Avrete notato che il tubicino sottile posto a destra nella prima figura del paragrafo non rispetta il principio dei vasi comunicanti. Questo tipo di tubi sottili (diametro inferiore a 2 mm) è chiamato capillare.
Quanto più la sezione del capillare è piccola, tanto più sale il liquido.
Nella figura i capillari sono ingranditi
Il fenomeno della capillarità si manifesta per esempio, nella spugna, nella risalita di umidità lungo i muri, nella carta assorbente.
Cerchiamo di spiegare come avviene questa risalita all'interno dei capillari.
Nei liquidi agiscono la forza-peso, le reazioni vincolari delle pareti, ma anche la tensione superficiale, una grandezza che esprime la forza di coesione tra le particelle presenti sulla superficie di un liquido. Si tratta quindi di una forza interna al fluido.
Ogni particella di un liquido è tenuta insieme alle altre da legami intermolecolari (coesione). Quelle che si trovano sulla superficie sono attratte solo lateralmente e verso l'interno, mentre quelle interne sono attratte simmetricamente in tutte le direzioni. Si genera quindi complessivamente in superficie una forza diretta verso il basso, con direzione perpendicolare alla superficie: la tensione superficiale, che forma una specie di membrana elastica sottilissima e contrattile.
Se, per esempio, se si posa delicatamente un ago, una graffetta o una piccola moneta sulla superficie di acqua presente in un bicchiere, non affondano anche se sono di metallo perché sostenute dalla tensione superficiale.
La tensione superficiale è sfruttata anche da questi Gerridae in accoppiamento.
(Crediti:
KKPCW
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La presenza di un tensioattivo, come il sapone, diminuisce la tensione superficiale: basta una goccia per far affondare l'oggetto che galleggia sopra.
Anche gli alveoli polmonari contengono un tensioattivo, il surfactant, per prevenirne il collasso.
La capillarità dipende anche da un altro fattore: la forza di adesione alle pareti.
Le particelle di fluido interagiscono non solo con le altre particelle, ma anche con le pareti del recipiente. In questo caso la forza è esterna al fluido.
Questa forza, insieme alla precedente, è sempre presente ma diventa ben evidente nei capillari. In quelli a sezione circolare la superficie del liquido, invece di essere piana, assume una forma concava o convessa (menisco).
- Se il liquido aderisce, cioè bagna le pareti, il menisco è concavo, come nel caso dell'acqua.
- Se invece non bagna le pareti, come il mercurio, la superficie diventa convessa.
Un altro aspetto da tenere presente è il rapporto tra le forze di adesione e di coesione.
- Se le forze di adesione prevalgono su quelle di coesione, il liquido tende a salire lungo il capillare, come con l'acqua che lo bagna (ascensione capillare).
- Se le forze di coesione prevalgono su quelle di adesione, il liquido tende a scendere lungo il capillare che non bagna (depressione capillare).
Le dimensioni nella figura sono volutamente esagerate.
Grazie alle forze di adesione che fanno “arrampicare” le molecole di liquido lungo le pareti e le forze di coesione che, come una catena, trascinano le molecole sottostanti, la linfa può risalire contro la forza di gravità per portare nelle zone più alte della pianta gli elementi essenziali.
Teorema di Archimede
Il Teorema di Archimede (Archimede di Siracusa 287 a.C. - 212 a.C.) afferma che un corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido di densità ρ riceve una spinta dal basso verso l'alto (spinta idrostatica) con modulo pari al peso del volume di fluido spostato dal corpo.
Consideriamo un corpo cilindrico di altezza h e area di base S, completamente immerso in un fluido. Abbiamo usato il cilindro per comodità, ma la forma del corpo è indifferente. Quando immergiamo il cilindro, significa che un volume uguale di fluido si è spostato: fluido e corpo non possono occupare contemporaneamente il medesimo spazio.
Il volume spostato è V = Sh.
Il cilindro subisce in ogni punto della sua superficie delle forze perpendicolari a questa.
Le pressioni laterali, che aumentano con la profondità, si fanno equilibrio tra loro e quindi non lo spostano, anche se tendono a comprimerlo.
Sulle superfici superiore e inferiore le pressioni non sono, invece, in equilibrio.
Sulla faccia superiore, per la legge di Stevino, la pressione è:
p1 = ρf g h1 = γf h1*
e quindi il modulo della forza agente verticalmente verso il basso sulla superficie S è:
F1 = ρf g h1 S = γf h1 S
Allo stesso modo, sulla superficie inferiore abbiamo una pressione:
p2 = ρf g h2 = γf h2
e il modulo della forza agente verticalmente verso l'alto è
F2 = ρf g h2 S = γf h2 S
Poiché h2 > h1, anche p2 > p1.
Di conseguenza, la forza verticale , rivolta verso l'alto è maggiore della forza verticale
rivolta verso il basso. La pressione, infatti, cresce con la profondità.
La forza risultante , cioè la spinta di Archimede (spinta idrostatica), ha direzione e verso di F2 e modulo pari alla differenza tra delle due forze:
FA = F2 - F1 = γf h2 S - γf h1 S = γf S (h2 - h1) = γf S h
FA = γf V = ρf g V **
* Per ogni formula diamo sia la relazione con la densità, sia con il peso specifico.
** Il risultato sarebbe lo stesso anche se si tenesse conto della pressione atmosferica agente sulla superficie esterna del liquido.
In conclusione, la spinta di Archimede, rivolta verso l'alto, è proporzionale al volume del corpo immerso, cioè al volume del liquido spostato e al peso specifico del liquido.
Una cosa importante da rimarcare è che il valore della spinta di Archimede non dipende dal materiale di cui è fatto il corpo.
Un'ultima considerazione riguarda il peso specifico (oppure la densità) del fluido in cui è immerso il corpo. Dalla formula si vede come la forza sia direttamente proporzionale a questo. Infatti, se ci immergiamo in una piscina, nel Mediterraneo o nel Mar Morto, il peso dell'acqua che spostiamo è lo stesso, ma la densità dell'acqua è diversa. Per questo galleggiamo più facilmente nel Mar Morto che non in piscina ed è anche per questo che le balene sono diventate gli animali più grandi esistiti sulla Terra: senza la spinta di Archimede sarebbe impossibile sostenere una tale massa.
Il principio di Archimede è valido anche per i gas, purché si trascurino le variazioni di densità dovute a quelle della pressione: un corpo immerso in un gas riceve una spinta verso l'alto pari al peso del gas spostato.
In questo caso si parla di spinta aerostatica che, data la bassa densità dei gas è abbastanza piccola, ma in grado di sollevare un pallone (o il dirigibile Zeppelin della figura sotto), se riempito di un gas con densità inferiore a quella dell'aria.
Galleggiamento
Finora abbiamo parlato di un corpo completamente immerso in un fluido, però si possono presentare diverse situazioni in cui il corpo:
- affonda completamente;
- è in equilibrio con il fluido;
- è parzialmente immerso;
- galleggia completamente.
I diversi casi dipendono dalla relazione tra il peso specifico (o la densità) del corpo e quello del fluido.
Supponiamo che il corpo non abbia cavità e quindi il suo volume sia uguale a quello del fluido spostato.
Quando il corpo è immerso nel fluido entrano in gioco due forze, la forza-peso e la spinta di Archimede e cioè:
FP = mc g = ρc g Vc = γc Vc
FA = ρf g Vi = γf Vi*
* Il corpo può anche non essere immerso completamente.
Per avere l'equilibrio, la risultante delle due forze deve essere uguale a 0, cioè :
FP = FA
γc Vc = γf Vi
Da questa possiamo ricavare il volume della parte immersa del corpo, che è uguale al rapporto tra il peso specifico del corpo e quello del liquido:
Vi = γc /γf · Vc
Quando immergiamo il corpo nel fluido si possono allora presentare i seguenti casi.
- Se γc > γf → FP > FA: il corpo affonda perché il peso prevale sulla spinta di Archimede. L'equilibrio si raggiunge sul fondo perché entra in gioco la reazione vincolare di questo.
- Se γc = γf → FP = FA: il corpo è in equilibrio, non affonda e non risale.
- Se γc < γf → FP = FA: il corpo risale fino a emergere parzialmente. In questo caso il volume del fluido spostato è inferiore a quello del corpo. Appena inizia a uscire, la spinta di Archimede diminuisce e quando le due forze raggiungono l'equilibrio il corpo galleggia, rimanendo parzialmente sommerso. In pratica la parte sommersa è in grado di creare una spinta uguale al peso di tutto il corpo. Il volume della parte immersa lo abbiamo calcolato qui sopra.
- Se γc < γf → FP < FA: Qualsiasi parte del corpo sommersa genera una spinta tale da far risalire completamente il corpo e l'equilibrio si raggiunge solo quando si trova sul pelo dell'acqua.
È possibile ottenere il galleggiamento anche modificando la forma del corpo, aggiungendo cavità, in modo che sposti più acqua, come nel caso delle barche.
Un'annotazione. Il punto di applicazione della spinta di Archimede coincide con il baricentro del fluido spostato (centro di spinta, S), cioè con la parte immersa del corpo, considerata omogenea, e non con il baricentro B dell'intero corpo. Centro di spinta e baricentro coincidono, invece, in un corpo totalmente immerso, purché sia omogeneo.
Se il corpo immerso è un gas, poiché la sua densità è sempre inferiore a quella del liquido, risale sotto forma di bollicine che si perdono nell'aria.
Equilibrio nel galleggiamento
Un corpo che galleggia può trovarsi in equilibrio stabile, instabile o indifferente.
Un corpo che galleggia è in equilibrio stabile se il baricentro si trova sotto il centro di spinta.* Una eventuale oscillazione genera una coppia di forze che riporta il corpo in equilibrio.
Se il baricentro si trova sopra il centro di spinta (equilibrio instabile), la coppia fa rovesciare il corpo.
Se il corpo è di forma sferica, ogni posizione è in equilibrio (equilibrio indifferente). In qualsiasi posizione, infatti, la forza-peso e la spinta idrostatica si trovano sempre sulla verticale passante per il centro della sfera.
* In realtà bisognerebbe tenere conto di un altro punto, il metacentro, che abbiamo trascurato.
Pressione atmosferica
La pressione atmosferica è stata trattata, da due punti di vista diversi, nelle sezioni di chimica e di meteorologia.
Qui vogliamo fornire un terzo punto di vista, quello prettamente fisico.
L'atmosfera è il sottile involucro gassoso che avvolge la superficie terrestre. Non esiste un limite superiore definito perché sfuma gradualmente nello spazio cosmico.
La composizione varia con l'altitudine, ma principalmente contiene azoto, ossigeno, anidride carbonica, vapore acqueo e pulviscolo di varia natura. La percentuale dei componenti, divisa per strati, è descritta nella pagina dell'atmosfera.
L'attrazione gravitazionale varia con la quota, pertanto negli ultimi strati l'aria è più rarefatta rispetto a quella presente al suolo. Per questo i gas sono concentrati per i ¾ nei primi 11 km.
L'aria ha un certo peso e quindi in teoria potrebbe essere applicata la legge di Stevino ma, diversamente dai liquidi, che sono praticamente incomprimibili, i gas possono essere compressi, perciò la densità del gas non è costante come per i liquidi, ma varia con la pressione. Più si comprime un gas, più si avvicinano le molecole e, conseguentemente, più aumenta la densità (ρ = m/V).
Se in un lago isoliamo due cilindri con superficie di base S e altezze rispettivamente h e 2h e applichiamo la legge di Stevino abbiamo le seguenti pressioni:
p1 = ρ g h | p2 = ρ g 2h
Le due densità sono uguali e quindi:
p2 = 2p1
Applichiamo lo stesso procedimento per i gas. Nell'atmosfera isoliamo due cilindri delle stesse dimensioni dei precedenti. Il cilindro più alto ha una pressione maggiore del primo essendo doppia la colonna d'aria. Tuttavia la pressione non è doppia, come nel caso precedente, perché all'aumentare della pressione aumenta anche la densità e quindi:
p1 = ρ1 g h | p2 = ρ2 g 2h
Le due densità sono diverse (ρ2 > ρ1) e quindi:
p2 > 2p1
L'esistenza della pressione atmosferica è stata dimostrata con diversi esperimenti tra cui quello degli emisferi di Magdeburgo, effettuato nel 1654 a Ratisbona e poi nel 1956 a Magdeburgo da Otto von Guericke (1602 - 1686).
Si presero due emisferi cavi di metallo dai quali, dopo averli congiunti, è stata tolta l'aria all'interno. Per tentare di dividerli, sono stati impiegati 15 cavalli da un lato e altrettanti dalla parte opposta. Il vuoto all'interno e la pressione atmosferica esterna hanno impedito il distacco dei due emisferi.
Illustrazione del XVII sec. di Gaspar Schott, che assistette all'esperimento
Noi non avvertiamo la pressione atmosferica perché, per il principio di Pascal, si esercita in tutte le direzioni, cosicché le forze agenti su uno stesso corpo si equilibrano tra loro.
Esperienza di Torricelli
Una misura quantitativa della pressione è stata fornita dal matematico e fisico italiano Evangelista Torricelli (1608 - 1647) nel 1644.
Lo scienziato ha preso un tubo lungo un metro, chiuso a un'estremità, e lo ha riempito completamente di mercurio. Tenendo un dito sull'apertura, lo ha capovolto e immerso in un recipiente contenente anch'esso del mercurio. Dopo aver tolto il dito, per il principio dei vasi comunicanti ci si aspettava che il mercurio scendesse fino a raggiungere il livello di quello del recipiente e invece si è fermato a un'altezza di circa 76 cm. Il livello si manteneva in equilibrio indipendentemente dalla forma, dall'inclinazione e dalla quantità di mercurio contenuta nel tubo.
Da questa esperienza ne dedusse che sulla superficie del recipiente agiva una pressione che andava a equilibrare quella della colonna all'interno del tubo, cioè la pressione atmosferica.
Osserviamo la figura sotto.
Ricordando che la pressione su tutti i punti di un piano orizzontale di un liquido in equilibrio è costante:
pA = pB = patm
Per la legge di Stevino:
Δp = pA - pC = ρ g Δh = γ Δh
pC = 0 perché tra B e C lo spazio è vuoto*
Δh = 76 cm
patm = γ Hg Δh
Il mercurio impiegato ha un peso specifico di 13,59 g/cm3. Se al suo posto si fosse usata l'acqua, che ha γ = 1 g/cm3, il tubo da impiegare avrebbe dovuto essere alto più di 10 m.
* Con questo esperimento ha dimostrato anche l'esistenza del vuoto. L'
orror vacui
era sono una favola.
La pressione atmosferica normale è il peso dell'aria secca determinata a livello del mare, a 45° di latitudine e a 0 °C, ed è uguale alla pressione di una colonna di mercurio alta 760 mm.
L'unità di misura della pressione nel SI è il Pa, ma si usano anche altre unità di misura.
1 atm = 1013.2 hPa = 1013.2 mb = 760 mmHg = 760 torr
Per misurare la pressione si usa il barometro, che può essere a mercurio o metallico, dove una superficie elastica si deforma al variare della pressione.
La pressione atmosferica varia in base a quattro fattori.
Il primo fattore è l'altitudine: salendo diminuisce la colonna di aria e di conseguenza anche la pressione. Per questo motivo può essere misurata con particolare barometro che è l'altimetro.
La temperatura è il secondo fattore: quando l'aria si riscalda, si dilata e perciò ha una densità inferiore rispetto a quella fredda ed esercita una pressione minore.
Anche l'umidità ha la sua importanza: l'aria umida pesa meno di quella secca perché le molecole dell'acqua pesano meno di quelle di ossigeno che sostituisce.
Un ultimo fattore è la latitudine. Sappiamo, infatti, che la forma non perfettamente sferica della Terra influisce sulla forza-peso e quindi anche sul peso specifico. Per questo è misurata a una latitudine di 45°.